Se vuoi vincere devi imparare a perdonare
In tema del perdono è stato discusso tante volte e in tanti contesti diversi, oggi forse è po’ fuori moda ma credo che mai come in questo periodo sia necessaria una profonda riflessione su questo argomento.
La nostra società mentre valorizza il pensiero il pensiero critico-distruttivo, sottovaluta quello critico-costruttivo, il cui scopo è vincere cercando di comprendere gli errori dell’altro e prendendoli come punto di partenza per costruire magari insieme una serie di successi futuri.
Il perdono però passa dall’accettazione dell’errore dell’altro e dall’umana comprensione della fragilità dell’essere umano ma anche della forza della motivazione per raggiungere importanti traguardi nella vita.
A tal proposito ecco un’importante riflessione:
“Avrò segnato undici volte canestri vincenti sulla sirena, e altre diciassette volte a meno di dieci secondi dalla fine, ma nella mia carriera ho sbagliato più di novemila tiri. Ho perso quasi trecento partite. Trentasei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Nella vita ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto”. Michael Jordan, campione di basket americano.
Credo che questo grande campione, indipendentemente dalle sue straordinarie capacità, non avrebbe potuto raggiungere il successo se questi errori non gli fossero stati perdonati dalla squadra che gli ha riconosciuto lo sbaglio del momento ma anche la capacità di poter migliorare in futuro, ridurre gli errori e raggiungere il successo.
Direi quindi che ci si debba allenare a perdonare. Si può perdonare l’altro indipendentemente dall’errore commesso, unicamente per il bene di entrambi, partendo dal fatto che tutti possiamo sbagliare ma anche ricominciare.
Sono convinto che uno sbaglio, un torto subito, uno sgarbo, una brutta azione, una parola offensiva, un’ingiustizia … siano tutte situazioni che si possano trasformare in momenti di crescita e di riflessione personale.
In questi ultimi anni, gli aspetti del perdono che mi hanno maggiormente colpito sono legati alle mie esperienze personali e professionali.
Il fatto di accanirsi per il raggiungimento del risultato senza tener conto delle necessità delle persone spesso a portato a grandi delusioni e tante volte ho potuto verificare personalmente come un attento coinvolgimento della persona invece abbia portato a risultati eccellenti per la persona stessa e tutta l’organizzazione.
Sto parlando della necessità di un modello che metta al centro lo star bene dell’individuo e l’apporto che questo può dare in situazioni complesse, difficili, stressanti.
Certo che laddove ci sono più individui possono nascere conflitti più o meno velati e non conoscendo a fondo l’altro possono subentrare anche timori o vere e proprie paure che vanno a minare i rapporti.
In questo senso credo che “fare un passo indietro” a volte possa servire come certamente può servire calarsi in un bagno di umiltà per poter perdonare l’altro considerando il fatto che si possa sbagliare ma si può anche rimediare e che la nostra società, spesso frenetica, possa portare a commettere degli errori a volte anche semplicemente di valutazione legati appunto alla velocità delle interazioni.
Quante volte ad esempio, dimenticarsi di avvisare una persona di un importante incontro o riunione si può trasformare in una situazione spiacevole da affrontare oppure inviando un documento via mail ci scordiamo di mettere in conoscenza un nostro collega o amico.
Certi errori una volta commessi, sono commessi, non si possono rimediare tanto facilmente in questi casi quanto sono importanti la comprensione ed il perdono da parte degli altri.
Devo ammettere che ho sempre apprezzato il fatto di poter lavorare con persone che ti permettessero di sbagliare e di sperimentare chiaramente non facendone un’abitudine …
Il fatto stesso di sapere di poter sbagliare permette di lavorare con maggiore tranquillità e quindi, alla fine, di far le cose meglio.
L’efficientismo non sempre premia ma sono profondamente convinto che invece un processo corretto sia sempre vincente.
L’analisi quindi va fatta non sulla persona ma sul processo e si dovrebbe mantenere quella lucidità che ci possa permettere di volta in volta di migliorare il processo a noi ma anche saper consigliare per il meglio gli altri.
In casi come questo l’errore è stato quindi un’eccellente opportunità perché ci ha permesso di capire dove sbagliamo ed in termini operativi di poter risolvere una data situazione ed il fatto di saper perdonare possiamo ragionevolmente pensare che ci possa permettere di velocizzare le operazioni trasmettendo serenità all’altro.
Se ci pensiamo bene, nel secolo scorso, la penicillina è stata scoperta grazie ad un errore ma penso che non solo questo errore sia stato perdonato ma abbia anche ricevuto la gratitudine di tutti.
A questo punto mi sorge spontanea una domanda: perdono e gratitudine sono forse facce di una stessa moneta?