La gentilezza: semplice pregio o elemento distintivo?
Oggi non si sente parlare molto di gentilezza forse perché come tanti importanti valori si preferisce custodirli con gelosia o forse perché questo atteggiamento mette spesso a nudo le nostre fragilità e probabilmente anche quella capacità, considerata ormai un po’ retrò, di accettare, accogliere e condividere con l’altro.
Credo che sia importante imparare ad essere gentili fin da piccoli ma questo ovviamente non dipende da noi, dipende dall’educazione che riceviamo ma anche dalle esperienze che facciamo nel corso della nostra esistenza.
Ma a cosa serve la gentilezza?
Con la gentilezza sicuramente dimostro all’altro il mio interesse e il mio affetto ma anche se questo affetto ed interesse sono realmente sinceri altrimenti può essere percepito in modo negativo quasi come voler cercare di rabbonire il nostro interlocutore o esercitare quella “captatio benevolentiae” di classica memoria, spesso imbarazzante e comunque con ben altre finalità.
Una carezza, un abbraccio, un sorriso, un saluto, un incoraggiamento, un grazie, un consiglio, un attimo di tempo, … basta così poco per scaldare il cuore dell’altro e non farlo sentire più solo e quindi accettato. Questa condizione di umana accettazione dell’altro è un vero e proprio nutrimento relazionale sempre più indispensabile.
Me ne rendo conto tenendo ogni mese i miei corsi alla Manager Srl di Torino, una vera e propria fucina in cui si forgiano conoscenza, competenza e relazione, un luogo in cui sono posti al centro la personalità e la professionalità degli allievi.
Ancora oggi devo ammettere che attraverso un atteggiamento gentile, partecipe e motivante costruito negli anni (grazie anche alla costruttiva collaborazione di molti miei allievi), mi ritrovo con ex corsisti, ormai amici, come Roberta, Melissa, Roberto, Marco (solo per fare alcuni nomi) che vengono spesso a trovarmi anche solo per il piacere di rivedermi qualche minuto o per un semplice consiglio e devo ammettere che tutto ciò ha un valore immenso.
Se poi mi soffermo un attimo a pensare che sono passati molti mesi e, a volte addirittura anni, da quando hanno terminato i loro corsi allora mi rendo conto di quanto tutto ciò non abbia proprio prezzo. Ovviamente questo non accade solo a me, non sono l’unico fortunato, ma anche a molti miei colleghi impegnati quotidianamente in questa meravigliosa opera formativa, educativa e di condivisione.
In ambito organizzativo credo che la gentilezza quindi sia diventata una necessità che crea distinzione e questo lo si può notare quando, per avvicinarci di più all’altro, in luogo del classico “perché?” utilizziamo “per quale motivo?”, “cosa te lo fa pensare?”, “cosa te lo fa credere?”, “in relazione a cosa?” cioè tutti modelli che non mettono in luce solo un’attenuazione della forza della domanda introdotta da un freddo “perché” ma soprattutto una certa competenza comunicativa che oggi crea sempre più un vero e proprio differenziale competitivo.
La gentilezza tuttavia si declina all’interno delle organizzazioni anche in altre molteplici forme; si va, ad esempio, dall’attenzione nello scrivere un e-mail ricordandosi un “Buongiorno” iniziale e magari un “Buon lavoro” o “Cordiali saluti” finale, dal chiedere come sta ad un collega al salutare allievi e colleghi di prima mattina con un sincero sorriso o un misurato,calibrato e contestualizzato complimento.
Sembrano cose superflue e, a volte, addirittura vengono scambiate per comportamenti collusivi o finalizzati quantomeno a rabbonire gli altri o tesi a voler quasi confermare se stessi come originali o comunque diversi, forse anche superiori, senza tener conto che questa è una vera e propria necessità e sicuramente una necessità di tutti.
In questo senso si può davvero fare un salto di qualità nella capacità relazionale perché come sostiene Robert Cialdini psicologo e grande esperto americano di Marketing: ci piace fare affari con chi ci piace (Liking) e, aggiungerei io, ci piace stare con chi ci piace ed in questo caso la gentilezza diventa ovviamente un fattore determinante, un vero e proprio elemento distintivo che può costituire un solido ponte con l’altro.
Ecco alcune frasi, citazioni e aforismi che mettono in luce l’importanza della gentilezza secondo i grandi pensatori:
- Una parola delicata, uno sguardo gentile, un sorriso bonario possono plasmare meraviglie e compiere miracoli (William Hazlitt)
- Sii gentile quando possibile. E’ sempre possibile. (Dalai Lama)
- Ovunque ci sia un essere umano, vi è la possibilità per una gentilezza. (Seneca)
- Quando la misura e la gentilezza si aggiungono alla forza, quest’ultima diventa irresistibile. (Gandhi)
- Io non conosco nessun altro segno di superiorità nell’uomo che quello di essere gentile. (Ludwig Van Beethoven)
- Nessun atto di gentilezza per piccolo che sia è mai sprecato. (Esopo)
- Quale saggezza puoi trovare che sia più grande della gentilezza? (Jean Jacques Rosseau)
- Tenerezza e gentilezza non sono sintomo di disperazione e debolezza, ma espressione di forza e di determinazione. (Khalil Gibran)
- Non esiste dovere più indispensabile di quello che impone di restituire una gentilezza. (Cicerone)
- Le parole gentili sono brevi e facili da dire, ma la loro eco è eterna. (Madre Teresa di Calcutta)
- La gentilezza è la catena d’oro con la quale la società viene tenuta insieme. (Goethe)
- La gentilezza dovrebbe diventare il modo naturale della vita, non l’eccezione. (Buddha)
Sono però convinto che per essere gentile si debba soprattutto volerlo e poi esercitarsi costantemente per affinare questa capacità e credo che questo sia un esercizio che, alla fine, fa bene a noi e agli altri.
Ci si può esercitare tutti i giorni da soli o con altri diventando sempre più capaci (magari anche chiedendo agli altri se vedono qualche miglioramento …), guadagnando così la gratitudine di tutti coloro che ci sono vicini e trasformando un semplice pregio in un vero e proprio elemento di distinzione.
Ti senti pronto a cominciare questo esercizio?