L’atteggiamento è un fattore di successo

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Gli americani la chiamano “aptitude”, noi atteggiamento. Ma quanto conta oggi il giusto atteggiamento in un’organizzazione?

Le organizzazioni oggi hanno sempre più bisogno di collaboratori motivati con un atteggiamento pro-attivo, i leader devono mantenere ed essere in grado di trasmettere un atteggiamento incentivante, motivante e costruttivo, gli investitori attraverso strategiche mosse decidono di spostare capitali mostrando un determinato atteggiamento, diverso a seconda delle situazioni, ai vari competitor ed i clienti attraverso il loro atteggiamento svolgono una funzione, che definirei manageriale, nei confronti delle aziende stesse stimolando lo sviluppo o il cambiamento di prodotti o servizi.

All’interno delle organizzazioni poi, a vari livelli, i rapporti gerarchici vengono gestiti spesso attraverso un atteggiamento ben preciso, a volte anche ben delineato, da guidelines o regolamenti interni, e che dire dei colloqui di lavoro dove questo elemento diviene spesso decisivo per un candidato ma, soprattutto oggi, anche per la stessa realtà organizzativa che non può più permettersi di sbagliare nella logica attuale del mantenimento di un costruttivo clima aziendale.

A questo punto però a chiunque di noi può sorgere spontanea una domanda: ma qual è l’atteggiamento più corretto?

Credo che in generale non si possa parlare di atteggiamento più o meno corretto in quanto ritengo che dipenda fortemente dal contesto, dalle situazioni e dalle aspettative dei diversi attori di una determinata organizzazione.

Mi sembra comunque che in diverse situazioni ci sia un minimo comune multiplo cioè la considerazione dell’altro. Se viene meno la considerazione dell’altro, viene meno spesso anche un atteggiamento adeguato che impedisce la crescita personale come quella professionale di tutti e quindi anche lo sviluppo di quelle situazioni “virtuose” che portano al successo dell’organizzazione stessa.

Se consideriamo ad esempio la leadership, per un vero leader è fondamentale il consenso ma deve essere un consenso “autentico” cioè non contaminato da logiche o interessi di parte o, per meglio dire, il meno contaminato possibile. Guardando da  un’altra angolazione il collaboratore del leader deve avere quella capacità, quel coraggio e direi quella trasparenza per mettere in luce, in maniera costruttiva, un eventuale disaccordo accettandolo e non arroccandosi sulle sue posizioni. Infatti, il concetto di leadership riporta all’idea d’imbarcazione e quindi di comandante cioè colui che ha potere decisionale.

E’ curioso constatare come nella nautica sia solitamente considerata l’idea che sia meglio seguire un comandante, ed uno solo, pur non condividendo l’idea che fare ostruzionismo perché anche il semplice dover scegliere fra due soggetti fa perdere tempo e motivazione all’equipaggio e può spesso divenire determinante nel raggiungimento di un ben determinato obiettivo che talvolta coincide con la sopravvivenza.

Al contrario ostruzionismo ed indecisione ma soprattutto un atteggiamento sbagliato possono portare spesso al non raggiungimento degli obiettivi o addirittura al disastro. E tu che atteggiamento pensi di avere?

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